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11 settembre 2013

Gli errori di Nils Wahl

The mistakes of Nils Wahl

Le conclusioni dell'Avvocato generale Nils Wahl nelle cause C-159/12, C-160/12, C-161/12 (Venturini, Gramegna, Muzzio) si prestano a diverse interpretazioni, nessuna di queste osa però rilevare la presenza di errori (mistakes) nel contenuto delle stesse.

Proviamo a fare alcuni ragionamenti.

L'Avvocato Generale dopo aver riconosciuto che la normativa oggetto della causa (divieto per le parafarmacie di vendere i farmaci con obbligo di ricetta in Italia) costituisca una restrizione della libertà di stabilimento (restriction of the freedom of establishment under Article 49 TFEU) ai sensi dell'articolo 49 del Trattato (TFUE) compie un primo errore (1° mistake). Si legge nelle conclusioni: " All’udienza, rispondendo ad un quesito diretto, la sig.ra Venturini e la Federfarma hanno fornito dati piuttosto divergenti circa il quantitativo ed il valore dei prodotti farmaceutici per la cui vendita le ricorrenti hanno chiesto un’autorizzazione. Tuttavia, mi sembra che nessuno di tali dati ci permetta di considerare che detta attività rivesta un’importanza trascurabile". Ebbene, l'Avvocato Generale pur riconoscendo che i dati riferiti non sono trascurabili, non quantifica esattamente le dimensioni del mercato (size of the market) oggetto della normativa in discussione e non utilizza questi dati per accertare se l'eventuale liberalizzazioni dei farmaci di fascia C possa o meno pregiudicare quei motivi imperativi d'interesse generale a cui attribuisce valore assoluto nelle conclusioni finali (general interest)

Proviamo allora a dimensionare il mercato di cui si sta parlando.

In Italia la spesa farmaceutica per i farmaci di fascia C e A ad acquisto privato nel 2012 (fonte Farmindustria) è di 3.874 milioni di euro. La spesa totale è pari a circa 26 miliardi di euro, di cui il 65% rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale, il 16% composto da farmaci di classe C con prescrizione a A acquistati privatamente, il 10% di farmaci senza obbligo di prescrizione e la parte restante da ticket.
Le farmacie in Italia sono, secondo quanto riportato dal sito di Federfarma,  17499 ("depurate" dei 540 dispensari come riportato dallo stesso sito), quindi il reddito generato dalla fascia C per ogni farmacia al netto dell'IVA è di 219.170 per un margine che si aggira intorno al 25% (Health innovation, studi e ricerche in Sanità, dicembre 2012) e un ricavo a farmacia di  euro 54792 l'anno (media)

Ora cosa accadrebbe se la fascia C (che racchiude come  valore anche i farmaci di fascia A pagati direttamente dai cittadini) fosse liberalizzata? Probabilmente quanto è accaduto per i farmaci SOP e OTC, ovvero quote di mercato non dissimili verrebbero perse dalle farmacie in favore dei nuovi competitors accreditati.  A sei anni dalla liberalizzazione dei farmaci di automedicazione la quota di mercato detenuta da parafarmacie e GDO si aggira intorno al 10%. Parafarmacie e GDO acquisirebbero in due o tre anni la stessa quota, con una diminuzione dei fatturati delle farmacie in questo comparto di farmaci del 10%, una diminuzione dei margini di ricavo di  15 euro al giorno.

Ebbene, è questo il valore per cui alcune farmacie rischierebbero la chiusura con potenziale nocumento al servizio e quindi alla tutela "imperativa" dell'interesse generale? Non è forse vero che l'aumento della competitività generato da una maggiore concorrenza riuscirebbe a provocare una ulteriore diminuzione dei prezzi (diminuzione che non è avvenuta con i provvedimenti del 2012) con vantaggi, questo sì per i consumatori e quindi per la collettività?

A sostegno di quanto sopra indicato verifichiamo se esiste veramente un pericolo "chiusura"per le farmacie dei piccoli centri o di centri disagiati in caso di liberalizzazione della fascia C ("..so as to prevent the disappearance of local pharmacies").

Questa è la distribuzione quantitativa delle parafarmacie nei comuni al di sotto dei 5400 abitanti

Comuni per numero di abitanti

Numero

Abitanti

Parafarmacie

Comuni fino a 500 abitanti

831

248.646

0

Comuni fino da 501 a 1000 abitanti

1.116

830.682

9

Comuni da 1001 a 1500 abitanti

901

1.121.993

7

Comuni da 1501 a 2000 abitanti

716

1.243.376

26

Comuni da 2001 a  2500 abitanti

562

1.259.432

24

Comuni da 2501 a 3001 abitanti

447

1.230.646

42

Comuni da 3001 a 5400 abitanti

1.302

5.523.172

241

Come si può facilmente evincere nei comuni sino a 1500 abitanti e per una popolazione che si aggira intorno ai 2.200.000 abitanti operano 16 parafarmacie. (2° mistake).

Certo, i dati relativi al reddito generato dalla fascia C per le farmacie è una media, quindi è possibile che rispetto a questi vi siano farmacie con ricavi maggiori, ma anche con ricavi minori, tuttavia la dimensione dei valori in campo e della distribuzione delle parafarmacie sul territorio escludono il pericolo di "scomparsa degli esercizi minori" o il venir meno della garanzia di "un’equa distribuzione delle farmacie su tutto il territorio nazionale".

Quindi l'obbiettivo reale della normativa in vigore non è la tutela dell'universalità del servizio, ma l'esatto contrario: proteggere l'interesse particolare di chi di fatto detiene un monopolio nella distribuzione del farmaco al dettaglio. Non c'è alcuna coerenza della normativa italiana sulla distribuzione dei farmaci con il principio di proporzionalità (no consistent with the principle of proportionality)

In conclusione, l'Avvocato Generale, a nostro avviso ha commesso l'errore  di non verificare la dimensione reale del mercato avvalorando una tesi, il pericolo per la tutela dell'interesse generale, che non trova riscontri oggettivi nei dati. Venendo meno questa motivazione rimane in piedi ciò che lo stesso Nils Wahl ha ammesso: "… sono incline a ritenere che la normativa controversa costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE."

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