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19 marzo 2016

La mancata liberalizzazione dei farmaci di fascia C

La rivista scientifica Diritto Mercato e Tecnologia ha pubblicato un interessante articolo di Claudio Ghidini sulla liberalizzazione dei farmaci di fascia C.

Riportiamo di seguito alcuni brevi passi, consigliandovi la lettura completa a questo link:

Per la verità, tale exceptio [36], ancorché dotata di una forte capacità persuasiva, vacilla e perde significato se raffrontata ai numeri che compongono il fatturato delle farmacie e che da soli costituiscono, nella nostra materia, un sicuro punto di approdo: basti pensare, a tal riguardo, che i medicinali di fascia c) compongono il solo 16,7% del fatturato delle farmacie, le quali potrebbero sempre contare sui medicinali di fascia a) che valgono, da soli, il 69,6% del mercato. Fermo restando che contrariamente a quanto sostenuto dal giudice pugliese, è ben più ipotizzabile che chi abita in località economicamente poco attraenti, continui a servirsi del servizio offerto dalla farmacia più vicina, anziché sostenere costi di trasporto e di tempo che abbatterebbero di fatto lo sconto offerto dalle parafarmacie cittadine.
Si rammentino, inoltre, gli effetti insperati che l’adozione di una politica di liberalizzazione potrebbe nutrire sul versante dell’occupazione degli stessi farmacisti (ed in particolare dei giovani neolaureati), i quali, se sprovvisti della possibilità di aprire una farmacia (a fronte della riscontrata necessità di rispettare il rapporto farmacia/abitanti imposto dalla pianta organica), potrebbero sempre tentare la via imprenditoriale offerta dalla parafarmacia.
Ancora, spesso si dimentica che il fine perseguito dalla liberalizzazione non è quello di sottrarre l’esclusiva sui farmaci di fascia c) alle farmacie, bensì quello di destinarlo paritariamente anche alle parafarmacie e ai centri di grande distribuzione; luoghi in cui, è bene ricordarlo, alla vendita dei medicinali non provvede un semplice commesso, bensì un farmacista regolarmente iscritto al relativo albo.
In ultima analisi, non si pecca forse di eccessivo rigore nel precludere la crescita concorrenziale di un settore economico con l’arme del diritto alla Salute? Ed infine, di lesione alla Salute possiamo davvero parlare quand’anche alla distribuzione dei medicinali provvedano, in ogni caso, farmacisti iscritti al medesimo ordine professionale?

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