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10 ottobre 2019

Numero chiuso all'università: ingiusto ed obsoleto

Dopo 40 anni la Francia dice basta al modello che vogliono in Italia

"Inefficiente, ingiusto ed obsoleto", così Emmanuel Macron definisce il sistema attualmente in vigore in Francia circa accesso all'Università che vuole riformare completamente (Le Monde, 11 marzo 2019).
Mentre Pascal Roblot, Decano della Facoltà di Medicina e Farmacia di Poitiers afferma: "mettere fine a questo assurdo sistema è un'ottima cosa"
Questi ciò che avviene in Francia da 40 anni circa l'accesso all'università con lo stesso modello che l'Italia vorrebbe adottare e la cui "paternità" viene assunta dal Vice Presidente dalla Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani D'Ambrosio Lettieri.
In sintesi la Francia vuole scaricare un modello che non funziona e l'Italia vuole adottarlo.
Una scelta che in Commissione cultura ha trovato immediatamente orecchie disponibili, questo malgrado la maggioranza dei soggetti auditi, compreso il MNLF, si siano detti contrari.
Contrari perché questo comporterebbe un costo enorme per le famiglie per supportare lo studio dei propri figli, una grave frustrazione per i giovani che avranno perso uno o due anni della loro vita nel tentativo, fallito, di proseguire negli studi per prendere la laurea da loro desiderata, uno spreco di soldi pubblici per fare studiare inutilmente migliaia di giovani.
Inoltre, Il numero chiuso in Francia ha portato, come in Italia, a una drammatica mancanza di medici.
D'Ambrosio Lettieri ritiene che non siano informati coloro che dentro e fuori alla categoria dei farmacisti si oppone al numero chiuso, la realtà, senza giri di parole è che s'intende spostare il numero chiuso dall'ingresso al primo anno, sempre di numero chiuso si parla.
Assolutamente confutabile è chi afferma che in tal modo si possa individuare più correttamente l’attitudine e la qualità degli studenti, facendo passare al secondo anno – nella quantità prefissata – i “migliori”, espellendo tutti gli altri (i meno “migliori”).
La verità è che durante il primo anno è impossibile individuare quelli che saranno i laureati migliori rispetto a quelli che non si potranno laureare perché scartati. Di certo questa modalità di selezione è – come sperimentato per decenni in Francia –, oltre che inaffidabile, enormemente costosa, non solo in termini economici, per chi alla fine del primo anno non riuscirà a superare il blocco del numero contingentato di posti.
Così la pensa anche l'Associazione Nazionale Docenti Universitari.
Il “fact cheking” di cui parla l'ex senatore Lettieri, è proprio nella scelta di un modello che la stessa Francia dopo 40 anni intende abbandonare perché ingiusto e la perseveranza con cui la FOFI chiede da tempo il contingentamento nazionale delle iscrizioni alla Facoltà di Farmacia non dissipa i sospetti, ma li conferma, di una ennesima difesa della "casta", politica che del resto sta seguendo su molti altri fronti d'interesse della categoria.
Inoltre, in questa proposta, si cela un'altro meccanismo "ambiguo" quello del "fabbisogno" dei laureati in ogni singola disciplina sanitaria. Ricapitolando il candidato a proseguire gli studi accede liberamente al primo anno, se consegue il numero di crediti sufficienti, accede al test, e se lo supera non è detto che possa proseguire gli studi perché i posti a concorso saranno stabiliti si in base alla disponibilità di ogni singolo ateneo, ma anche rispetto al fabbisogno di laureati a livello nazionale. Fabbisogno, che come più volte affermato è basato su un modello europeo che prevede tra i rilevatori anche gli Ordini professionali all'interno della decisione formulata dalla Conferenza Stato-Regioni. Più volte abbiamo chiesto alla FOFI quale sia il ruolo svolto in queste rilevazioni, più volte, come per altri quesiti, non ci è stata data risposta.
La difesa di casta la si attua anche in queste scelte.
Quale sarebbe l'impatto per l'occupazione del farmacista italiano se la legislazione relativa alla dispensazione dei farmaci fosse riformata e  consentito al farmacista che lavora negli esercizi di vicinato (parafarmacie) di cedere  anche farmaci che necessitano di ricetta medica, ma pagati direttamente dai cittadini?
Quanti occupati avremmo se nei luoghi privati di degenza e cura dove sono utilizzati i farmaci fosse resa obbligatoria la presenza della figura professionale del farmacista?
Potremmo ancora permetterci di parlare di fabbisogno pari a zero o al contrario, come crediamo, di un fabbisogno superiore all'attuale?
La richiesta di regolare attraverso un numero chiuso l'accesso al corso di laurea in farmacia è immotivata e strumentale a mantenere invariato l'attuale assetto legislativo.
La richiesta di numero chiuso risulta avere anche dei connotati classisti, perché è del tutto evidente che tra coloro che rimarrebbero fuori, ma con maggiori disponibilità economiche potrebbe scegliere di iscriversi ad altra università europea.
Naturalmente ad essere veramente esclusi sarebbero quelli con minore disponibilità economica.
Lo ribadiamo: In natura se il corso di un fiume è bloccato a valle da un ostacolo, sarò molto probabile che prima o poi esso uscirà dal suo alveo.
Le esondazioni non avvengono mai per colpa del fiume, ma per ostacoli che artificialmente vengono posti a valle o lungo il suo percorso, chiedere di fermare il fiume del sapere perché desidero mantenere quegli ostacoli è immorale.

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